martedì 7 ottobre 2008

Vecchi appunti su Milo de Angelis



Nella foto: 1998, Fogliano (GO), Chiesa di Santa Maria in Monte, Ivan Crico e Milo De Angelis





"Forse il punto luminoso del corpo e della vittoria
si é avvitato a un invisibile spavento.
Forse quest’inverno la neve le ha coperto il viso
ed é entrata nella gola insieme al cielo:
era sola, era il dieci o l’undici febbraio
si preparava alla Pasqua dell’Atleta,
e ha deciso di possedere il proprio gelo".

Milo De Angelis

“Avvengono parole, nel sangue”, è un verso tratto da “Cartina muta”, una sua recente poesia, che sembra esemplificare meglio di ogni altra definizione quanto, i versi di questo autore, siano profondamente compenetrati nel tessuto del suo esistere e, di conseguenza come per ogni vera poesia, in quello di ognuno di noi. Eppure, anche se il suo lavoro si distingue per la capacità di descrivere con rara efficacia persone conosciute, ambienti e situazioni, spesso risalenti dalle nebbie del ricordo come avviene nel suo ultimo libro, nei suoi testi i dati della quotidianità sfuggono senza posa in una dimensione che, all’improvviso, non é più la nostra, in cui ciò che fino ad un momento prima credevamo famigliare diventa estraneo, irriconoscibile, restituito al suo mistero. Le cose che ci circondano si fanno come simboli minacciati, enigmi, fragili o forti messaggere di quel qualcosa d’altro che forse sono senza saperlo, la vita che non è “soltanto vita” di cui De Angelis parla in un suo verso, ma che in queste liriche - e non potrebbe o non dovrebbe essere altrimenti - viene solamente suggerito, alluso.
“Biografia sommaria”, il suo ultimo lavoro, si sviluppa intorno al tema della memoria personale, dilatandola fino a farla partecipe di un respiro che la travalica, la oltrepassa, a volte, fino ad annullarla come “una neve che copre il viso ed entra nella gola insieme al cielo”, parafrasando un altro suo bellissimo, recente verso.
Rimangono così, dietro allle figure, le apparizioni, i desideri e i timori, i segni indecifrati di un mondo, di un tempo lontano con i suoi ritmi impassibili, i ritorni, la segreta rotazione della luce del sole che sempre nello stesso testo illumina risvegliando, già estiva, “gli dei di pietra arruginita”.




Cento giorni dopo l’adolescenza


C’erano interferenze minime:
l’agenda dimenticata al Manhattan, il gin-tonic
caduto sulla gonna i vetri spalancati
e poi, nella casella, quelle buste,
quei messaggi, come oscure filastrocche.

Chi ti sta vicino
vive senza di te ogni suo giorno
ogni giorno
tu gli dai un pezzettino
del tuo mito e del ritorno

Chiunque ti ha incontrata
sentiva l’essenziale
di te mancato per un soffio
ma quel soffio fu mortale.
E così ho sentito io. Mia graziosa, mia
imputata di qualcosa che non sai,
mia imputata di qualcosa che non so.
Addio, mia tenera melò.


MILO DE ANGELIS

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