martedì 7 ottobre 2008

La mela di Newton

“Quando il silenzio diventa parola”
La prosa e la poesia da Loi a Cappello, da Garlini a Giacomini

Verso quali altri orizzonti, quali territori ancora inesplorati, va volgendosi la nuova narrativa italiana? Se, per rispondere a questa domanda, dovremmo affidarci ai tanti dibattiti che quotidianamente alla radio, alla televisione o sui giornali ci è dato di assistere, oppure alle varie antologie che vengono pubblicate un po’ ovunque, con ogni pretesto possibile, potremmo soltanto affermare di trovarci di fronte ad un panorama piuttosto caotico in cui (a parte alcune luminose eccezioni) molte strade si sovrappongono sboccando una nell’altra ma senza portare veramente, alla fine, in alcun luogo. Tracciati di parole che affondano nei drammi più o meno deserti del contingente e sempre, di solito, piuttosto lontani da ogni problematica riguardante la ricerca di forme nuove per dire i mutati modi di sentire e di pensare il mondo che ci circonda. Sembra, quasi, che la modernità di un’autore non stia più oggi nel “ come” egli racconta le cose ma, in modo molto più riduttivo, nel puro descrivere, spesso con incurabile miopia, gli aspetti più immediati, superficiali del nostro presente. Conseguenza diretta di tutto questo, è la continua pubblicazione di lavori che in apparenza trasgressivi, almeno nei temi presentati, si svelano a lungo andare come irrimediabilmente reazionari, conservativi, tesi a ricercare in fondo, più o meno velatamente, un rapido consenso. Sono come degli specchi che nonostante tutto offrono al vasto pubblico - anche nella rappresentazione più insistita dell’orrore quotidiano - la possibilità rassicurante seppure straniata di riconoscersi, d’identificarsi in qualcosa di noto. La possibilità sempre ricercata di un’appartenenza. Di sfuggire, una volta ancora, all’abbacinante solitudine di un’esplorazione senza riferimenti certi. In molti di questi testi difatti, l’argomento, come pure il linguaggio impiegato, di solito non necessita di uno sforzo profondo, di una messa in discussione e di un cambiamento spesso radicale della propria percezione della realtà, da parte del lettore, per essere inteso. La strada indicata dall’ultimo Beckett in Mal vu, mal dit sembra in questo senso, oggi come oggi, quasi improponibile e lontanissima nella sua stupefacente, sublime radicalità. Bisognerebbe ricordare però che soltanto l’assiduo lavoro intorno alla forma, portando inevitabilmente a porsi criticamente in rapporto con tutte le forme precedenti e, quindi, con ogni visione già fissata della realtà, può permettere all’opera di conservare quella vitalità, quell’interna forza sovversiva che le consenta di mantenere il proprio messaggio, intatto e sempre attuale, nel corso dei secoli. Il presente è sempre oltre, in un certo senso, del linguaggio che lo abita e, per descriverlo, la parola non può far altro che tentare di liberarsi dalle gabbie del suo senso quotidiano, accettato. Non far questo significa non altro che affondare, in un inevitabile naufragio, assieme a ciò che era destinato a scomparire già di per sé.
La scelta di autori presenti nella recente antologia di racconti “La mela di Newton”, edita dal sensibile editore Ignazio Maria Gallino di Milano, ha quindi il merito di offrire un quadro piuttosto variegato e ampio di una narrativa che, invece, questi problemi se li pone, li affronta e, talvolta anche se non sempre, riesce a risolverli proponendo alcuni testi di grande pregio. Mancano, unico nèo, approcci veramente innovativi alla struttura narrativa, con un carattere più sperimentale, che avrebbero forse impreziosito maggiormente questa già comunque interessante e utile antologia. Come difatti sottolinea Andrea Pasquino nell’introduzione, tentando in qualche modo di semplificare, quelli presentati rimangono in gran parte anche se non sempre “racconti rigorosamente realistici ma espressi in un linguaggio sperimentale (alla Gadda) oppure racconti fantastici espressi in un linguaggio convenzionale (alla Moravia)”. Troviamo dunque autori più o meno noti come il grande poeta milanese Franco Loi, Mariano Bargellini, Pino Franzosi, Francesca Guidi, Hado Lyria, Stefano Marino, Lorenzo Muratore, Roberto Luciano Tappàro, Marco Viggi e Luigi Bongiorno, Pierluigi Cappello, Mauro Covacich, Alberto Garlini, Amedeo Giacomini, Mario Turello e Claudio Zanini.
Su tre di questi autori, autori che si dividono fra la poesia e la scrittura in prosa, vorremmo soffermarci qui di seguito. Il racconto del giovane poeta Pierluigi Cappello invece, dal cui titolo prende il nome anche l’antologia, si snoda attorno ad una lirica, nitida meditazione attorno ai temi della scoperta creativa, delle memorie da cui sorge, in un perfetto succedersi d’immagini in cui spazio esterno e spazio interiore si fondono in una sola unità. Il racconto del triestino Covacich, uno dei migliori nuovi narratori italiani, conferma la sua abilità ad immergersi in situazioni limite, conferendo loro verità e spessore, rendendo palpabile, visibile il lato rimosso, impensato della realtà. “Isabella” di Alberto Garlini, parmense di origine ma da una decina d’anni residente a Cervignano del Friuli, è un racconto da cui ad ogni passo emerge prepotentemente una raro dominio dei mezzi stilistici, in una vibrante, ricchissima mescolanza di linguaggi attraverso cui evocare, all’interno del testo, l’incontenibile varietà del mondo, di una realtà in continua trasformazione. “Andando per pavoncelle”, tratto con numerose varianti dal romanzo giovanile “Andrea in tre giorni” di Amedeo Giacomini, poeta in friulano tra i più alti del nostro secolo, ritorna al tema dell’uccellagione, alla conflittualità interna che nasce dall’uccidere ciò che è amato e con così tenera e partecipe precisione - negli atti, nei colori - descritto in pagine tra le più dure e vere di questa raccolta. L’udinese Mario Turello, finissimo critico, rielabora in chiave narrativa i suoi studi su Giulio Camillo Delminio attraverso una serie di lettere in cui si delinea la storia affascinante di una decifrazione e di un oscuro smarrirsi nei labirinti tracciati, secoli prima, da questo straordinario personaggio. Infine il triestino Claudio Zanini, pittore e scrittore, che propone difatti un testo fortemente visivo come “Cupra-agitatori d’acqua”: un racconto, con cui si chiude anche questa antologia, inframmezzato da brani in versi e permeato dalla presenza mitica, profonda e inafferrabile degli elementi naturali.

(“La mela di Newton”, Ignazio Gallino Editore, Milano, 1998, p. 240, £. 35.000)

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