martedì 7 ottobre 2008

Mimmo Cuticchio e l'arte sublime dei "Pupari"


Estrema isola chiusa entro un cerchio di monti perennemente annuvolati, nella città di Gorizia approda, all’interno della rassegna “Puppet Festival”, il viaggio che Mimmo Cuticchio, moderno e antichissimo Ulisse, porta avanti nella sua doppia veste di puparo e cuntista. Presso il Kulturni Dom difatti, mercoledì 2 settembre, l’Associazione “Figli d’Arte Cuticchio” di Palermo, depositaria di saperi dimenticati, continuatrice di voci che s’inseguono e s’intrecciano da un passato immemorabile, ha presentato lo spettacolo “L’urlo del mostro”, una stupefacente reinterpretazione della storia omerica attraverso, appunto, i pupi (molti dei quali intagliati appositamente per questa messa in scena), e sopratutto grazie alla straordinaria capacità interpretativa di Mimmo Cuticchio e dei suoi due bravissimi e giovanissimi collaboratori Sergio Girardi e Paola Pace. In una suggestiva mescolanza di siciliano ed italiano si snoda il viaggio vocale e visivo insieme di Ulisse, un Nessuno che diventa qui emblema del viaggio, sempre sul punto d’interrompersi, di una cultura antica ma per niente nostalgica che tenta di attraversare le tenebre della modernità per riapprodare forse, un giorno, ad una dimensione più umana e vera. Nel frattempo, questo percorso si rivela pieno d’insidie, di cancellazioni di fronte a cui soltanto la memoria personale può innalzarsi, sola, come un argine invisibile ma forte al tempo stesso; e la continua irruzione della realtà sulla scena, una scena che viene smembrata come in un rito sacrificale, un sogno che si lacera sotto ai nostri occhi, non fa che sottolineare la condizione d’immensa fragilità, di frattura in cui il mito, per riattualizzarsi e continuare a parlare, deve calarsi oggi. Anche e sopratutto attraverso vie particolari come queste, strade secolari e mai abbastanza battute se mantengono, come in questa occasione, intatto il senso del magico, del favoloso senza smettere di fare i conti con gli aspetti più tormentati, oscuri del nostro tempo. Tempo - oltre i fondali dipinti, le scene che cadono, strappate, a terra - di Nessuno.

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