sabato 27 dicembre 2008

Leonardo da Vinci, vegetariano amico degli animali


Giorgio Vasari, nelle sue "Vite", racconta di come Leonardo "passando da i luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandoli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezo che n'era chiesto, li lasciava in aria a volo, restituendoli la perduta libertà".
Liberando quegli uccelli appena comperati al mercato, Leonardo non si è concesso semplicemente il lusso di un gesto stravagante. Altre fonti rafforzano questa ipotesi. Lo stesso Leonardo, nei suoi Appunti, dichiara:
"Fin dalla giovinezza ho rinunciato all'uso della carne, e verrà un giorno in cui uomini come me considereranno l'omicidio di un animale alla stregua dell'omicidio di un essere umano".
Già dalle sue abitudini alimentari Leonardo si rivela un amante della natura, un uomo che ha fatto del rispetto del genere animale una regola di vita.
Ecco allora, qui di seguito, alcune interessanti riflessioni su questi temi.

L' IMPORTANZA DI DIVENTARE VEGETARIANI
Repubblica — 06 giugno 2008 pagina 39


Ciò che il vertice Fao "ha dimenticato" di discutere è il cuore del problema della fame nel mondo, che non è solo legato ai costi di produzione e distribuzione dei cibi, ma soprattutto alle abitudini alimentari della popolazione del pianeta. Occorre una rivoluzione nell' alimentazione dei Paesi ricchi per dare il via concretamente e subito ad una soluzione della tragedia dei Paesi poveri, dove si soffre la fame. Noi siamo alle prese con il problema opposto: aumenta l' obesità fra i nostri figli, le nostre adolescenti anoressiche usano il troppo cibo come ricatto e se ne privano fino a lasciarsi morire, la nostra dieta opulenta ci fa ammalare sempre di più. Proprio su questi temi si riuniranno a Venezia a settembre alcuni fra i maggiori esperti per la Quarta Conferenza Mondiale sul Futuro della Scienza: «Food and Water for Life». Io penso che l' ingiustizia alimentare sia una delle peggiori iniquità dei nostri tempi: una questione di civiltà e di cultura, che ci riguarda tutti da vicino. C' è un comportamento individuale responsabile, infatti, che può contribuire a riequilibrare questi due drammatici estremi ed è la riduzione del consumo di carne. Molti uomini di scienza e pensiero hanno creduto che la scelta vegetariana fosse quella giusta per l' armonia del pianeta. Dal genio rinascimentale di Leonardo da Vinci, che non poteva sopportare che i nostri corpi fossero le tombe degli animali, fino ad Albert Einstein, il più grande scienziato del ' 900, che presagiva che nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla Terra, quanto l' evoluzione verso una dieta vegetariana. Anch' io sono convinto che il vegetarianesimo sia inevitabile, per tre motivi. Il primo è di ordine ecologico/sociale. I prodotti agricoli a livello mondiale sarebbero in realtà sufficienti a sfamare i sei miliardi di abitanti, se venissero equamente divisi, e soprattutto se non fossero in gran parte utilizzati per alimentare i tre miliardi di animali da allevamento. Ogni anno 150 milioni di tonnellate di cereali sono destinate a bovini, polli e ovini, con una perdita di oltre l' 80% di potenzialità nutritiva; in pratica il 50% dei cereali e il 75% della soia raccolti nel mondo servono a nutrire gli animali d' allevamento. L' America meridionale, per fare posto agli allevamenti, distrugge ogni anno una parte della foresta amazzonica grande come l' Austria. Trentasei dei quaranta Paesi più poveri del mondo esportano cereali negli Stati Uniti, dove il 90% del prodotto importato è utilizzato per nutrire animali destinati al macello. Viviamo in un mondo dove un miliardo di persone non ha accesso all' acqua pulita e per produrre un chilo di carne di manzo occorrono più di trentamila litri di acqua. Già oggi non riusciamo neppure a contare quante malattie e quante morti potrebbe evitare un minor consumo di carne. Veniamo così indirettamente alla seconda motivazione del vegetarianesimo, che è la tutela della salute. Non ci sono dubbi che un' alimentazione povera di carne e ricca di vegetali sia più adatta a mantenerci in buona forma. Gli alimenti di origine vegetale hanno una funzione protettiva contro l' azione dei radicali liberi, cioè quelle molecole che possono alterare la struttura delle cellule e dei loro geni. Si può quindi pensare che chi segue un' alimentazione ricca di alimenti vegetali è meno a rischio di ammalarsi e possa vivere più a lungo. C' è poi un secondo fattore. Noi siamo circondati da sostanze inquinanti, che possono mettere a rischio la nostra vita. Sono sostanze nocive se le respiriamo, ma lo sono molto di più se le ingeriamo. Consumando carne, ci mettiamo proprio in questa situazione, perché dall' atmosfera queste sostanze ricadono sul terreno, e quindi sull' erba che, mangiata dal bestiame, (o attraverso i mangimi) introduce le sostanze nocive nei suoi depositi adiposi, e infine nel nostro piatto quando mangiamo la carne. L' accumulo di sostanze tossiche ci predispone a molte malattie cosiddette "del benessere" (diabete non insulino-dipendente, aterosclerosi, obesità). Anche il rischio oncologico è legato alla quantità di carne che consumiamo. Le sostanze tossiche si accumulano più facilmente nel tessuto adiposo, dove rimangono per molto tempo esponendoci più a lungo ai loro effetti tossici. Frutta e verdura sono alimenti poverissimi di grassi e ricchi di fibre: queste, agevolando il transito del cibo ingerito, riducono il tempo di contatto con la parete intestinale degli eventuali agenti cancerogeni presenti negli alimenti. I vegetali poi, oltre a contaminarci molto meno degli altri alimenti, sono scrigni di preziose sostanze come vitamine, antiossidanti e inibitori della cancerogenesi (come i flavonoidi e gli isoflavoni), che consentono di neutralizzare gli agenti cancerogeni, di "diluirne" la formazione e di ridurre la proliferazione delle cellule malate. La terza motivazione, ma non ultima, è di ordine etico-filosofico ed è quella che ha fatto di me un vegetariano convinto da sempre. Io ero un bambino di campagna, amico degli animali e oggi sono un uomo che ha il massimo rispetto per la vita in tutte le sue forme, specie quando questa non può far valere le proprie ragioni. Il cibo è per me una forma di celebrazione della vita, ma non mi piace celebrare la vita negando la vita stessa ad altri esseri.
- UMBERTO VERONESI





Leonardo da Vinci, genio animalista
Viaggio nell'alternativa vegetariana nella ricorrenza della morte del grande toscano

Carmen Somaschi, presidente dell'Avi: «Il 40 per cento del raccolto mondiale di cereali finisce negli allevamenti per produrre carne anzichè sfamare milioni di persone sottoalimentate. L'alimentazione vegetariana non è sacrificio, ma scelta etica e umanitaria»

6 maggio 2006 - Paolo Baldi
Fonte: Brescia oggi

Ha firmato capolavori ineguagliati dell'arte e preparato progetti eccezionali per l'epoca; ha realizzato studi anatomici di altissimo livello e lasciato scritti illuminanti; ha arricchito l'umanità per tutti i secoli e i millenni a venire e, 500 anni fa, aveva cercato persino di volare. E dall'alto della sua immensa statura intellettuale ha lasciato in eredità frasi come «Verrà il giorno in cui l'uccisione degli animali verrà considerata come quella degli esseri umani». Parliamo di Leonardo da Vinci, forse il più grande tra gli italiani di ogni epoca e celebre «avanguardia vegetariana». 
Pochi giorni fa, il 2 maggio, è caduto l'anniversario della sua morte, avvenuta ad Amboise, in Francia, nel 1519. E la ricorrenza ci ha offerto lo spunto per una riflessione su una delle innumerevoli peculiarità del genio toscano: la sua dieta «nonviolenta». 
Oggi la sua traccia viene seguita da milioni di persone anche in Italia. Ma la stragrande maggioranza dei consumatori ha altre abitudini, e neppure la recentissima ondata di timori legati all'aviaria sembra aver cambiato molto le cose. 
Eppure tantissime persone hanno visto le immagini crudissime diffuse dai network: sequenze che hanno immortalato galline, anatre o oche infette o a rischio cacciate in sacchi di plastica e poi sepolte vive, oppure bruciate (sempre vive). 
Ci sarà forse un effetto differito causato da quei video choc? Un augurio in tal senso arriva dall'Associazione vegetariana italiana (Avi), i cui vertici sono stati consultati da «Bresciaoggi» per capire cosa si può dire di diverso, di alternativo a fronte dell'allarme quasi planetario diffuso dall'influenza aviaria. 
E con la presidente del sodalizio, Carmen Somaschi, abbiamo affrontato il tema dell'alimentazione vegetariana da un punto di vista solo in parte animalista, parlando innanzitutto di chi mangia troppo (e «male» secondo chi ha deciso di abbandonare la carne) e di chi non mangia nulla. 
Forse, dicono all'Avi, il consumatore può riflettere di più se gli si ricorda che il 40 per cento del raccolto mondiale di cereali finisce negli allevamenti, per produrre carne anzichè sfamare direttamente centinaia di milioni di persone sottoalimentate, e tra queste un esercito sterminato di bambini, risolvendo davvero il problema della fame nel mondo. 
Forse può essere colpito dal fatto che la «produzione» di un chilo di carne di pollo richiede due chili di cereali, che diventano 7 per quella bovina. 
Forse può far pensare che se volessimo garantire a tutti gli abitanti della Terra la metà del consumo di carne medio dell'Europa, la produzione di cereali necessaria avrebbe bisogno di due pianeti come il nostro. Forse dovrebbe obbligare a pensare il fatto che con i due chili di cereali usati per ottenere una bistecca di due etti si potrebbero saziare per un giorno circa 8 bambini, e che ogni giorno decine di migliaia di bambini muoiono di fame. 
E non è finita. Sorvolando per il momento sul trattamento riservato agli animali da allevamento, bisogna ricordare che, tanto per fare un esempio, negli Stati Uniti l'inquinamento organico prodotto dalla zootecnia è 130 volte superiore a quello prodotto da 120 milioni di americani. Tutti i paesi industrializzati sono alle prese con quantitativi folli di liquami da smaltire su terreni che non possono più assorbirne, con polline da bruciare negli inceneritori, e persino con i «gas serra» prodotti dalle allevamenti: un sesto delle emissioni globali di metano deriva dai ruminanti destinati alla tavola. 
Insomma, dati alla mano, secondo l'Avi la zootecnia industriale è una gigantesca macchina che rende più affamati gli affamati, inquina in modo massiccio il pianeta e crea vere e proprie bombe biologiche, che nel caso degli indescrivibili allevamenti della Cina e del Sudest asiatico, riescono anche a generare virus «d'assalto» capaci di far tremare il pianeta. «Non basta per fare una riflessione sul nostro stile alimentare?», si chiede Carmen Somaschi. 
E se non basta, l'Avi ha pronti altri «promemoria» buoni per la coscienza di ognuno. Per esempio, ricorda che i famosi polli italiani allevati a terra (bastava guardare con attenzione i numerosi filmati passano in tv nelle settimane scorse per capirlo facilmente), restano sotto la luce 23 ore su 24 per continuare a mangiare, e raggiungono il peso «adatto» in 35 giorni di vita. Poi vengono uccisi. E non si può fare altrimenti, perchè si tratta di mostri della genetica, di ibridi realizzati a tavolino, e il peso enorme dei loro petti programmati in laboratorio finirebbe letteralmente per piegare e rompere le loro ossa e i loro tendini se potessero vivere ancora. Identico, ovviamente, il discorso relativo ai tacchini. 
Poi, parlando sempre del settore avicolo, c'è l'interessante capitolo del trasporto, con polli e tacchini letteralmente «sparati» da macchine ad aria compressa nelle gabbiette che si riaprono solo al macello. E se invece arriva l'aviaria, ecco riaprirsi il capitolo delle sepolture di massa di animali ancora vivi. 
All'Avi affermano che c'è una alternativa a tutto ciò, ed è l'alimentazione vegetariana; che non è un sacrificio ma una scelta etica, umanitaria e salutista. Per quest'ultima voce, volendo, si possono anche chiedere notizie all'oncologo di fama internazionale, non animalista ma vegetariano, Umberto Veronesi. 
«E' uno stile di vita che deve cambiare - commenta ancora Carmen Somaschi -: bisogna superare l'abitudine ad abbuffarsi di cibi sbagliati. Il consumo di carne crea solo una catena di stupidità senza fine: si massacrano milioni di animali per il consumo alimentare, e a intervalli periodici, proprio l'allevamento intensivo causa epidemie che portano ad altri massacri per l'eliminazione dei capi a rischio. Per stare nel mercato - aggiunge - gli allevatori fanno cose indegne, concentrando quantità enormi di capi. E alla fine, i carnivori pagano due volte: per acquistare la carne e per pagare, attraverso i contributi pubblici, la ripresa degli allevamenti azzerati dalle malattie». 
C'è bisogno di un salto culturale? «Indubbiamente. Gli animali sono considerati alla stregua di merce, non come esseri viventi capaci di sofferenza - risponde la Somaschi -. E anche i mass media hanno un ruolo determinante: hanno continuato e continuano a parlare del "povero allevatore che ha perso tutto", e non dei poveri polli trattati come sassi». 
Qualcosa sta cambiando? «Fortunatamente sì. Nel '96, quando esplose per la prima volta il caso "mucca pazza" i vegetariani italiani erano circa un milione e mezzo. Oggi le stime Eurispes parlano di circa sei milioni di persone». 
Un appello ai consumatori? «Li invito a essere più consapevoli - conclude la presidente Avi -, a riflettere su cosa hanno nel piatto. Perchè dal nostro consumo, dalle nostre scelte anche alimentari dipende il futuro nostro e di tutta l'umanità».

(Per ulteriori informazioni: Avi, tel. 02/ 45471720; sito internet www.vegetariani.it).

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